Più di Barumini e più del Pozzo di Santa Cristina o di qualsiasi altro sito nuragico dell’Isola: le sculture rinvenute nel 1974 nel sito di Mont’e Prama, nel Sinis, sono senza dubbio le vere e proprie star della storia antica della Sardegna. Libri, convegni, articoli e, naturalmente, polemiche annesse a non finire, che hanno anche talvolta trovato spazio sui principali quotidiani dell’Isola. Il ritrovamento di altre due statue, nel 2014, non ha fatto altro che riaccendere l’attenzione dei sardi (e non solo) rispetto a questa eccezionale scoperta archeologica. Come noto, le statue raffigurano in numero variabile dei guerrieri armati di scudo rotondo, arcieri e “pugilatori”, oltre a modelli di nuraghe e ad altri oggetti non identificati. Sono stati rinvenuti anche numerosi betili in arenaria e in calcare, nonché, soprattutto, una serie di tombe allineate coperte con lastre quadrate di arenaria poste in sequenza ordinata, che sono considerate dall’archeologia come collegate alle più famose sculture. A queste ultime è ormai associato immancabilmente il termine “giganti”, forse anche con intenti più di marketing che propriamente storici. Ma quale era veramente la funzione del sito di Mont’e Prama? E, soprattutto, perché a un certo punto le statue sono cadute per poi finire nell’oblio della storia? Ne abbiamo parlato con uno dei massimi esperti del settore, ovvero Alessandro Usai, archeologo, dal 1994 funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Cagliari e, soprattutto, direttore degli scavi presso il sito di Mont’e Prama.

Perchè è sbagliato parlare di giganti
Prima di affrontare la questione storica, è necessario chiarire un punto di merito: perché è sbagliato parlare di “giganti” riferendosi alle statue di Mont’e Prama. “È un tema che mi sta molto a cuore: nel tempo si è affermata questa denominazione di “giganti”, che però considero del tutto inadeguata e fuorviante, poiché rappresenta una sorta di acquiescenza a una moda. La parola giganti è emersa a partire da una divulgazione giornalistica che è partita con un preciso obiettivo, ossia quello di magnificare le sculture di Mont’e Prama, che però non ne avevano affatto bisogno. Stravolgendo peraltro un concetto ben radicato nella cultura popolare sarda, dove i giganti hanno un posto preciso, tanto da comparire in storie, leggende e racconti diffusi in tutta l’Isola”. L’idea dei giganti, a sua volta, nasce dalla grande ammirazione della gente delle campagne per i nuraghi, i quali sono stati considerati nei secoli quasi come un’opera sovrumana e la cui costruzione è stata dunque attribuita a personaggi mitici e dotati di grande forza. Per l’appunto i giganti: che nell’immaginario popolare sardo non erano creature del tutto civili, ma al contrario dei veri e propri bestioni, sempre in lite gli uni con gli altri.

Mont’e Prama: non mitologia, ma il finale della civiltà nuragica
“La credenza popolare è stata rafforzata dal fatto che le tombe dell’epoca dei nuraghi erano dei grandi monumenti collettivi, tra l’altro con una forma di cassa da morto. Mentre in epoca cristiana si era ormai persa la consapevolezza della sepoltura collettiva, dal momento che si era definitivamente affermata quella individuale. Insomma, i giganti vanno inquadrati nella ingenua credenza popolare dell’esistenza di un passato mitico. Ma Mont’e Prama, con tutto questo, c’entra davvero molto poco: si tratta di una espressione della civiltà nuragica, per la precisione della sua estrema fine, in un momento in cui i nuraghi erano visti come segno di identità, appartenenza e orgoglio, tanto da essere riprodotti su scala ridotta nello stesso sito di Mont’e Prama, oltre che in tutta la Sardegna. Insomma, i sardi di quell’epoca non costruivano più nuraghi e si raffiguravano nelle sculture per come erano veramente, con le loro vesti e non certo come bestioni o giganti”, evidenzia Usai.

Chi commissionò le statue di Mont’e Prama
Al di là del tema dei giganti, è indubbio che in questi cinquant’anni teorie più o meno fantasiose su Mont’e Prama siano state prodotte in abbondanza. Qualcuno ha ipotizzato che le statue fossero in origine le colonne di un tempio, altri ancora hanno sostenuto che le sculture meglio conservate erano dei veri e propri falsi. In rete non mancano poi teorie New Age o ufologiche che associano le statue ad antichi astronauti e a ipotesi pseudo-spirituali. Ma che cosa era dunque davvero il sito di Mont’e Prama? Come si può leggere nello studio “Le sculture nuragiche di Mont’e Prama nel quadro dei rapporti mediterranei della Sardegna dell’età del Ferro”, scritto dallo stesso Usai e da Marco Minoja, la committenza è chiara: “Mont’e Prama si inserisce in un quadro di dinamismo e vivaci relazioni che precede un periodo di profondissima trasformazione. I personaggi raffigurati nelle statue, il loro vestiario e armamentario e i loro atteggiamenti sono pienamente radicati nel mondo nuragico locale. I committenti, che possiamo considerare esponenti di comunità o famiglie emergenti, sembrano egualmente radicati nel mondo locale, ma anche pronti ad accettare nuovi costumi e comportamenti che potessero incrementare il loro prestigio e potere”.

Una necropoli con funzioni cerimoniali
Quanto alla funzione del complesso c’è qualche dubbio in più ma,non c’è conferma che fosse un sito religioso, né un santuario degli eroi, come aveva invece ipotizzato il celebre archeologo Giovanni Lilliu negli anni Settanta: “Lilliu, che all’epoca non conosceva l’esistenza delle tombe e della necropoli, dette un’interpretazione affascinante, che cercava di restituire un’adeguata rilevanza al ritrovamento. E, dunque, puntò sin dall’inizio sull’aspetto religioso. Il problema è che edifici di culto, così come noi li conosciamo nei momenti più avanzati della civiltà nuragica, ancora non sono stati trovati a Mont’e Prama. Mancano, ad esempio, i bronzetti, che caratterizzano i siti cultuali. Ci sono, piuttosto, delle strutture che possiamo definire come cerimoniali, una parola che ha però un significato diverso rispetto a cultuale. In altre parole, si trattava di edifici in cui le persone si riunivano, secondo comportamenti codificati e rituali, corrispondenti alla dignità di un luogo funerario importante, che comprendeva quasi 200 tombe. L’ipotesi attualmente più supportata dalle prove per Mont’e Prama è quella di una necropoli con annessi edifici cerimoniali”, puntualizza il direttore degli Scavi di Mont’e Prama.
Un sito pienamente nuragico
Senza ombra di dubbio, però, il sito è considerato da tutti gli archeologi come completamente inserito all’interno della civiltà nuragica, nonostante le ricorrenti polemiche su un eccessivo peso attribuito alla componente fenicio punica. Una polemica che, in verità, ha un’origine ben precisa: “La primissima notizia apparsa sull’Unione Sarda nel 1974 parlava effettivamente del rinvenimento di un tempio punico. Era stata una prima ipotesi a cui poco dopo rispose lo stesso Lilliu, che aveva inquadrato giustamente il sito come di fattura nuragica, confrontando le sculture con i bronzetti nuragici e altri elementi scultorei. Da allora nessuno ha mai più ripreso la tesi “punica”, se non per sostenere che qualche spunto, forse anche qualche mano, potrebbe essere stata anche orientale, in particolare l’idea stessa della grande statua. Queste tesi fanno però parte della discussione scientifica, alcuni colleghi hanno espresso questa tesi nei loro lavori, ma ciò non intacca assolutamente la sostanza: i committenti delle sculture di Mont’e Prama erano membri emergenti delle comunità nuragiche, e l’iconografia delle statue rappresenta persone reali di quel tempo”.
Perchè i fenici non c’entrano con Mont’e Prama
L’archeologia contemporanea, infatti, per Mont’e Prama non assegna nessun posto particolare ai fenici, anche perché, come hanno messo in evidenza gli scavi archeologici nella penisola del Sinis, naviganti e mercanti fenici non erano ancora stabilmente stanziati nell’area nell’età del ferro. Anzi, puntualizza Usai, “In generale è possibile affermare che la civiltà nuragica e lo stesso sito di Mont’e Prama siano finiti prima dell’insediamento dei fenici. Che, al massimo, possono essere considerati per lungo tempo dei frequentatori sporadici delle coste sarde, in particolare per quanto riguarda le aree del Sinis. Non erano dunque certo un potere economico-politico che avrebbe potuto provocare la crisi e la caduta della civiltà nuragica. Che – e su questo occorre essere chiari – si è estinta da sola e non perché i “cattivissimi” cartaginesi l’abbiano voluta distruggere”.
Perchè le statue sono cadute: le ragioni strutturali
Ma allora come mai le statue di Mont’e Prama a un certo punto sono cadute e sono rimaste nell’oblio sino alla scoperta del 1974?
“Innanzitutto possiamo osservare che queste statue – ma anche i modelli di nuraghe rinvenuti nel sito – sono state realizzate con un calcare molto fragile e friabile, che si consuma facilmente. Inoltre hanno le caviglie sottili, con pesi notevoli concentrati nella parte superiore, creando in alcuni casi anche delle vere e proprie difficoltà di bilanciamento. In sostanza è molto facile supporre che queste sculture siano cadute da sole, anche e soprattutto per l’azione del vento, che nella Penisola del Sinis esercita una certa forza. Le statue, tra l’altro, non hanno delle soluzioni strutturali di sostegno: invece in tutte le sculture greco romane– che pure sono di un materiale molto più resistente, il marmo – la figura umana non si reggeva mai soltanto sulle caviglie”.
Forse allora esisteva un sostegno esterno? Sinora gli archeologi non ne hanno trovato una chiara traccia, anche se alcune statue presentano degli strani incavi, sulle spalle o sulla testa, che potrebbero sembrare utili per agganciare un tirante. In definitiva, la stessa struttura delle statue fa presupporre che alcune di esse siano cadute da sole anche dopo breve tempo, per effetto della consunzione delle caviglie, per l’azione del vento e altri fattori “naturali”.

I segni di azioni violente sulle statue di Mont’e Prama
D’altra parte, però, alcune delle sculture rinvenute a Mont’e Prama presentano sicuramente dei segni di azioni violente, ovvero di colpi inferti con delle accette o strumenti similari. “Potrebbe esserci stata un’azione violenta -ammette Usai – Che potrebbe però anche essere accaduta insieme a quella naturale, non è affatto detto che l’una escluda l’altra. I punti da chiarire sono: chi, come e quando? La risposta “tradizionale” è stata quella di un’azione dei cartaginesi, intenzionati a far sparire il ricordo stesso della civiltà nuragica. Sicuramente le sculture sono state ridotte a dei frammenti ammucchiati l’uno accanto all’altro, anche con una certa dispersione; dunque, qualcuno ci ha messo mano in un determinato periodo. Occorre poi considerare che nella cosiddetta discarica delle sculture di Mont’e Prama si trovano frammenti di oggetti (soprattutto ceramiche) di epoca nuragica ma anche fenicio-punica. In sostanza questo significa che la discarica ha preso forma definitiva in epoca punica, cioè i frammenti delle statue sono stati spostati in questo preciso periodo storico. Ho però dei dubbi che i punici abbiano davvero voluto cancellare la memoria della civiltà nuragica, anche perché tale civiltà era in realtà scomparsa già diversi secoli prima”.

La fine di Mont’e Prama: un conflitto tra nuragici?
Inoltre, anche se gli abitanti del Sinis di quell’epoca erano sardi di cultura punica, probabilmente mantenevano una sorta di rispetto per la civiltà che aveva dato origine alle statue di Mont’e Prama: l’archeologia ha ricostruito che alcuni di questi sardo-punici si fecero seppellire vicino alle tombe nuragiche, addirittura con lo stesso tipo di orientamento. Probabilmente queste persone avevano voluto essere sepolte vicino a quelli che consideravano i propri antenati. Ma se allora i punici possono essere assolti, chi potrebbe avere colpito con violenza alcune delle statue di Mont’e Prama? “Non sottovaluto la possibilità che possano esserci state delle battaglie tra tribù nuragiche, anche considerato che poco dopo Mont’e Prama la civiltà nuragica si dissolse. In un momento di crisi e forte disunione potrebbero essere stati dunque anche nuragici di un altro cantone o di un’altra tribù a fare questo “lavoro” di accanimento contro le statue. Si tratta però solo di un’ipotesi, ovviamente non ci sono fonti scritte a proposito, dal momento che la scrittura nuragica non è purtroppo mai esistita. Probabilmente la verità sulla fine di Mont’e Prama non la sapremo mai, più andiamo avanti con il lavoro archeologico più diventa difficile trovare indizi espliciti che possano supportare una tesi di questo tipo”.
Mont’e Prama in epoca romana: un sito agricolo e indistinguibile
Quel che è certo è che dopo l‘epoca cartaginese di Mont’e Prama si perde completamente memoria: già in epoca romana l’area diventò completamente agricola, a servizio della fiorente città di Tharros, senza evidenti segni di insediamento umano. In altre parole, i sardo-romani – al contrario dei punici – non frequentavano più il sito di Mont’e Prama, anche perché molto probabilmente a quel tempo non ne era più visibile alcun elemento.
In conclusione, Mont’e Prama può essere definito come un sito importantissimo, unico, assolutamente nuragico, il cui studio ha portato grandi novità nello studio della civiltà che tuttora caratterizza il paesaggio della Sardegna. Dunque le accuse di sottovalutazione dell’importanza di Mont’e Prama che rimbalzano periodicamente sul Web sono poco fondate: “Nessun archeologo potrebbe mai avere intenzione di sminuire il proprio lavoro, a cui ci dedichiamo con passione. Ovviamente i risultati si vedono soltanto di tanto in tanto, ma hanno alle spalle un lavoro continuo e quotidiano. Posso aggiungere che il sito di Mont’e Prama è diventato comprensibile proprio grazie allo studio complessivo della civiltà nuragica. Anzi, in definitiva lo sforzo è stato quello di trovare un posto per Mont’e Prama all’interno della civiltà nuragica”, conclude Usai.



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