La storia millenaria ed estremamente peculiare della Sardegna può essere una risorsa a cui attingere per il futuro della nostra Isola. Questa, in estrema sintesi, la riflessione principale del dialogo tra due intellettuali, il filosofo della scienza Silvano Tagliagambe e lo storico Attilio Mastino, in occasione del recente evento “Dialogo sulla Sardegna e le civiltà del Mediterraneo”, promosso dal centro italo arabo e del mediterraneo della Sardegna.
Il parricidio del Mediterraneo
L’intervento di Tagliagambe ha presso le mosse dalle cronache di questi ultimi mesi, che segnalano una crescente irrilevanza dell’Europa nel contesto internazionale. Secondo il filosofo tra le diverse cause apparse nel dibattito pubblico manca quello principale: “L’Europa ha commesso un parricidio, cioè ha sacrificato all’oblio quello che è l’autentico luogo da cui nasce la sua civiltà, ovvero il Mediterraneo”. Facendo un parallelismo con la celebre analisi del padre della psicanalisi Sigmund Freud sul parricidio, Tagliagambe ha messo in evidenza come nel corso del tempo il Mediterraneo si sia trasformato nella nostra cultura prima in un totem, poi in tabù, ossia in una serie di vincoli che impediscono la circolazione di persone e cose. Tanto che oggi il Mediterraneo appare culturalmente prigioniero di stereotipi e narrazioni che si fa fatica a scalfire. Il riferimento, in particolare, è a quell’idea spesso ricorrente di un Mediterraneo Occidentale, Sardegna compresa, frutto unico dell’importazione di popoli, concetti e conoscenze arrivate da Oriente.

La Sardegna come epicentro della cultura mediterranea
A questo proposito è stato citato un recente studio di paleogenetica pubblicato sulla rivista Nature, condotto su 210 persone sepolte in vari luoghi del mediterraneo occidentale, che in estrema sintesi sembra confermare come la storia di queste regioni non sia frutto della migrazione dei fenici e di altre popolazioni orientali, di cui anzi si trova pochissima traccia sotto un profilo “etnico”.
Il Mediterraneo è stato dunque caratterizzato da un grande mescolamento di culture, che “ha dato luogo alla produzione, già a partire almeno dal 2000–1800 A.C., di un pensiero forte, di una cultura autonoma, di un pensiero mitologico basato su uno studio attento delle relazioni tra terra, cielo e mare, in cui nascono ed emergono categorie estremamente interessanti. È il momento in cui, per la prima volta, l’uomo si pone e si interroga, soprattutto nel Mediterraneo occidentale, sul rapporto tra essere e divenire, tra sostanza e divenire, e lo declina in forma religiosa, pensando a una divinità che non era politeistica, come spesso si crede a proposito del pensiero mitologico, ma era un’unica sostanza divina che si manifestava in forme diverse a seconda dei contesti in cui agiva”.
In quest’ottica la Sardegna occupava una posizione strategica nel Mediterraneo e ha iniziato a costruire fin dalla tarda antichità monumenti estremamente significativi, che sono testimonianza concreta di questo peculiare pensiero che si era affacciato nella regione mediterranea.
“Questi straordinari monumenti che caratterizzano ancora il suo paesaggio sono testimonianza concreta di quel pensiero forte, perché richiedevano capacità di costruzione, di edificazione, ma anche capacità di organizzazione dei cantieri e del lavoro, oltre a riflettere una precisa conoscenza dei corpi celesti e dei loro movimenti”, ha evidenziato Tagliagambe.
Secondo cui la Sardegna può dunque essere vista “come una sorta di museo a cielo aperto di quel pensiero occidentale che poi si è affermato nella penisola greca a partire dal VI° secolo e che ancora oggi tutti riconosciamo come patrimonio della nostra civiltà. In definitiva possiamo affermare che la filosofia greca non è altro che la trasformazione in senso laico del pensiero comune che caratterizzava le civiltà del Mediterraneo nate a partire dal 19° secolo AC”.
Attingere con fiducia al passato
Il punto è come trasformare questa testimonianze storiche in qualcosa di utile per il futuro? La Sardegna è caratterizzata da straordinaria capacità di rinnovare sé stessa nelle varie epoca che si sono succedute, dalle domus de janas sino alla Sardegna bizantina. “Purtroppo questi monumenti che ne caratterizzano il paesaggio, anziché essere motivo di autostima, per troppo tempo invece si sono trasformati in motivo di depressione e inazione, quasi che il confronto con una storia così millenaria e profonda ci ponesse una condizione di inferiorità. E senza fiducia e autostima non c’è capacità di immaginazione e fare gradi progetti. Dunque servirebbe rinnovare autostima fiducia del popolo sardo, attingendo alla ricchezza del proprio patrimonio culturale, della propria semiosfera. In quest’ottica credo che nella debolezza crescente della politica occidentale ci sia alla base una mancanza di senso della storia, di capacità di leggerla e interpretarla, creando un raccordo efficace tra passato, presente e futuro (memoria, percezione e immaginazione, come dicono le neuroscienze )”, ha concluso Tagliagambe.
Sfatare i miti dell’inferiorità
Anche il ragionamento del rettore emerito dell’Università di Sassari, Attilio Mastino, si è sviluppato su queste stesse linee: “Si dà per scontato che la civiltà sia arrivata da oriente verso occidente ma in realtà le cose non stanno così. Lo stesso mito del Sardus pater era originario del Nord Africa, ma certamente non soltanto della cultura punica. Purtroppo abbiamo una visione fortemente condizionata dal mito di Enea, che da oriente è andato verso occidente. Quando in realtà gli scavi archeologici testimoniano che la nostra isola si è sempre inserita in una rete di relazioni grazie alla sua posizione al centro del mediterraneo, ricevendo influssi ma mantenendo comunque una sua identità nel corso dei secoli”. Anche secondo lo storico i sardi dovrebbero conoscere meglio quello che emerge dalla nostra storia: ” Ci sono dei miti da sfatare, in particolare quelli della superiorità di Roma (ma anche di Cartagine) rispetto alla cultura della Sardegna. C’è addirittura chi ha usato la parola creolizzazione a proposito della dominazione della Sardegna, ma si tratta di concetti che vanno respinti perché antistorici. Occorre superare questa sorta di rimozione storica, anche senza bisogno di creare miti come quello della Sardegna Atlantide, rendendoci conto che la nostra isola è stata davvero un punto di riferimento già per gli antichi. Già Aristotele sosteneva che la Sardegna fosse ineguagliabile, perchè possedeva qualcosa di particolare, soprattutto per la diversa considerazione del tempo che avevano i suoi abitanti. A questa diversa percezione contribuiva anche la pratica del sonno curativo che si praticava per giorni di fronte alle tombe dei giganti, forse anche a Mont’e Prama. Esisteva insomma una profonda ammirazione del mondo greco e romano per questa isola, che aveva raccolto come uno scrigno memoria e tracce delle fasi più antiche della sua storia. Le stesse che ancora oggi in qualche modo ci appartengono”
Una ricostruzione originale dell’eredità storica della Sardegna
La conclusione finale dei due intellettuali è che sia dunque doveroso e possibile sfatare il mito di una Sardegna che si è limitata a recepire un pensiero e una cultura nati altrove. Proprio la diversa percezione del tempo che gli scrittori antichi avevano notato potrebbe stare alla base di una presentazione attuale della Sardegna e della sua eredità culturale in maniera più originale, rispetto a quanto fatto sinora.


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